Vedere il proprio quartiere attraverso gli occhi di tante persone. Scoprire nuovi paesaggi, nuove storie. Luoghi che pensavo essere familiari, che improvvisamente mi raccontano parole nuove.
Attraverso la riflessione personale che ciascuno degli artisti ha condiviso con noi, capire.
Le storie e le esperienze di tante persone e di tante parti del mondo, che si fanno parte della tua storia personale e di quella del quartiere in cui vivi.
La speranza dei bambini e dei giovani che partecipano lieti e politici, come solo loro sanno essere, e la sfida di riuscire a mobilitare e coinvolgere in forma artistica i vecchi.
Tutto questo ho visto in Periferico 2022, e ora capisco il motto di questa edizione: “Presente!”
Sì noi partecipanti eravamo e siamo presenti, nelle vie del quartiere, nelle vite di chi ha accettato di mettersi in discussione, nelle relazioni tra le generazioni, nelle amicizie che nascono, nella cultura che si diffonde e intride ogni poro di questa città.
“Presente!” ho voluto esserlo con la mia macchina fotografica, strumento principale del mio racconto di vita, cercando però di essere partecipante e non solo osservatore esterno, come troppo spesso tocca fare a noi fotografi. O forse lo vogliamo fare per un presunto senso di obiettività dell’informazione.
“Presente!” Senza fretta prendendo il tempo che ci viene concesso, anzi concedendo a noi stessi quel tempo che ci sembra essere sempre negato, impegnato nelle mille cose da fare. Fare, fare, invece di coltivare il nostro immaginario per poi capire quello che desideriamo.
Mi sono preso il tempo di guardare avidamente gli accadimenti del festival, i visi, gli occhi. Vedevo quegli sguardi, e cercavo di metterli nella mia macchina fotografica. Gesti collettivi che diventavano gesti artistici. Azioni che si fanno immagini; e la macchina fotografica diviene una scatola della memoria, per conservare i momenti positivi della nostra storia, personale e collettiva.
Nel manifesto del festival è citata questa frase di Diana Taylor (professor of Performance Studies and Spanish at New York University's Tisch School of the Arts): “La prossimità e non l’oggettività è il punto epistemologico di partenza e di ritorno”. Quindi, almeno per me, è la prossimità con gli altri che mi fa capire il luogo dove vivo, e non il fatto oggettivo di viverci. “Presente!” Diventa quindi un invito ad uscire, a farsi prossimo alla città e ai suoi abitanti, e vedendola appunto attraverso gli occhi altrui, riuscire a comprenderla e raccontarla agli altri.
Di cento mani è la mia forza
E cento occhi fanno a noi la guardia
Tu sei da solo
(Banco del Mutuo soccorso - Cento mani e cento occhi – Darwin! 1972)